grande_partita

La grande partita

grande_partitaMa Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore,
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia.   F. De Gregori 

Comincia cosi la mia storia di depressione: una vita felice e piena, una famiglia stupenda, una figlia fantastica, tante attività, poi un incidente che cambia la mia vita… Le conseguenze sono limitate, qualche rinuncia come non poter praticare più gli sport di prima e molte delle attività collegate, ma per il resto sono rimasto senza menomazioni gravi.. Ma per tanti anni (più di dieci…) la mia mente non ha accettato questa mia condizione, e il grande cambiamento rispetto alla vita che facevo prima.

Il tempo passava e dentro di me c’era qualcosa che non tornava, mi chiedevo “Cosa c’è che non va?”, mi analizzavo ogni giorno ed infine realizzai; mi mancava la felicità.

Ero andato molto giù, preso da mille ansie, non mi riconoscevo più e mi controllavo ogni istante con pensieri tipo: “Dove sono le mie emozioni? Perchè non rido più come prima? Non mi fa più effetto niente, perche?!”

Decisi di curarmi anche se non volevo fare uso di farmaci che consideravo “per matti” ma l’ho fatto, ebbi molti effetti collaterali e qualche risultato… ma mancavano ancora le emozioni e i pensieri distorti si accumulavano fino a non riuscire a contenerli… In certe situazioni provavo un grande senso di inadeguatezza, facevo confronti con gli altri e mi sentivo sempre inferiore, l’ansia partiva e le vivevo come una catastrofe,

Fino a che tenacemente mi sono rivolto ad uno psicologo. Inizialmente trovai un mercenario che mi fece due conti in tasca e mi disse che non ero alla sua portata senza preoccuparsi più di tanto del giuramento di Ippocrate, poi dopo un altro tentativo ho deciso di affidarmi a Stefano una persona comprensiva e che è riuscito ad aprire la mia mente e per il quale avrò sempre una stima profonda.

Ho imparato ad accettarmi per quello che sono adesso, che non ha senso confrontarmi con il Roberto di prima, che siamo in continuo cambiamento, che ho perso delle cose, ma ne ho guadagnate molte altre. Anzi, proprio il fatto di perdere qualcosa mi ha portato a non dare più per scontato quello che ho, e mi ha fatto rimettere in moto, mi ha fatto apprezzare tante cose che non pensavo neanche di avere, mi ha fatto investire in altre parti di me. Ora mi guardo avanti e ho ricominciato a “sentire” le emozioni, i brividi per l’abbraccio delle mie figlie, il calore della presenza di mia moglie, il piacere delle tante cose che sono tornate a riempire le mie giornate.

Volevo inoltre dire a chi decide di curarsi, che il percorso non è semplice anzi, e di farvi aiutare anche da un vostro caro perchè arrivano momenti dove si rischia di mollare la spugna, ma ne uscirete consapevoli che avete fatto un percorso che altri non hanno fatto, e che avete imparato a conoscervi meglio, a gestire le vostre emozioni, ricordatevi: non è scontato che gli altri ci riescano.

La grande partita si può vincere ma ci vuole la mente libera… controllare l’emozione… e… andare sul dischetto a tirare quel rigore.

Roberto

nuova vita Martina

Il peso degli altri

nuova vita MartinaIl tuo tempo è limitato quindi non sprecarlo vivendo la vita di qualcun altro. Non essere intrappolato dai dogma, che è come vivere in base alle opinioni degli altri. Non lasciare che il rumore delle opinioni altrui soffochino la tua voce interiore. E, più importante di tutto, abbi sempre il coraggio di seguire il tuo cuore e le tue intuizioni. Loro in qualche modo sanno cosa vuoi veramente. Tutto il resto è secondario. Steve Jobs

Sono Martina, ho 22 anni e ho sofferto di un disturbo del comportamento alimentare (DCA). Non ne sono ancora uscita completamente, ma sento di aver acquisito una maturità diversa rispetto agli altri anni e di aver fatto notevoli passi avanti.

Sono sempre stata molto insicura di me stessa e insoddisfatta del mio corpo, non mi sono mai piaciuta, né mi sentivo a mio agio, e causa di questo in parte è anche la compagnia che frequentavo. Avevo qualche chilo in più e il mio punto fisso erano le gambe (ginocchia in particolare) e il fondo schiena, ma questo era anche dovuto al fatto che non facevo attività fisica e mangiavo male: così mi sono rivolta ad una nutrizionista. Il periodo più “cupo” per me sono stati i primi due anni di università, da lì ho iniziato a non essere regolare col cibo e gradualmente sono entrata in un “tunnel”. Ho un brutto ricordo dell’estate 2013, ero nervosissima e in famiglia erano discussioni continue anche per stupidaggini. Avevo abbandonato il mio gruppo di amici di infanzia e stavo affrontando un cambiamento e una fase nuova per me. Solo oggi riconosco i comportamenti infantili che avevo, ma non li rinnego perché è una fase della vita che deve esserci e che tutti attraversano. Allora pensavo che se fossi stata più magra mi sarei piaciuta e sarei piaciuta agli altri, sarebbero spariti i miei difetti: per raggiungere questo avrei dovuto mangiare sempre meno. Questa semplice associazione mentale è la chiave per entrare nel tunnel dei disturbi alimentari, e una volta dentro ruoti continuamente attorno a questa equazione, è il tuo pensiero fisso ed è difficile uscirne.

Bello= Magro = Non mangiare.

Ho iniziato riducendo le quantità sempre di più e quando vedevo la bilancia calare più del dovuto provavo un senso di soddisfazione e quel chilo in meno mi dava una botta di sicurezza verso gli altri e di autostima. Il mio sentirmi a mio agio socialmente era basato sul peso, perché se calavo mi sentivo più bella, quindi più sicura in mezzo agli altri: era un ragionamento molto infantile. A tratti riconoscevo di sbagliarmi, per esempio a fine pasto mi accorgevo di non aver mangiato a sufficienza, ma mi limitavo a ripetermi “la prossima volta recupero..”: ma la volta successiva continuavo a restringere. Era come se dentro di me combattessero due voci: una mi indirizzava sulla strada giusta, l’altra mi ripeteva “se lo fai ingrassi!”. Vinceva sempre la seconda e ne ero soddisfatta perché avevo resistito alla tentazione di mangiare. Questa cosa è andata avanti fino all’estate del 2014 quando sono andata davvero sottopeso e ho toccato il fondo. Poi da settembre ho cominciato a risalire e di lì ho fatto solo passi in avanti. Ho avuto molta paura, e c’è stato un momento in cui mi sono detta: “Basta! Ho 21 anni, perché devo vivere nella paura? Perché mi devo fare del male da sola? E poi tutto perché ho paura del giudizio degli altri? Io non devo niente a nessuno, devo stare bene, non voglio vivere in funzione degli altri! Ho la fortuna di avere una famiglia, la salute, un cervello con cui studiare cose di alto livello, perché devo buttare all’aria tutto quando invece ci sono persone che hanno problemi che gli impediscono tutto questo e che pagherebbero oro per avere quello che ho io?!?” Così piano piano e con fatica all’inizio, ho ripreso un poco di peso, ma rimanendo ancora un po’ rigida. Oltre alla mia famiglia, quello che mi ha spinto è stata l’università: mi accorsi che rischiavo di rovinarmi con le mie stesse mani per delle stupidaggini da bambina. All’inizio facevo fatica perché guardavo ancora lo “zero virgola” (i cento/cinquanta grammi), ma non rinnego neanche questo perché nella vita i passaggi sono graduali e ora prendo consapevolezza della maturazione fatta da allora. Anche se piano, ho ripreso peso e non sono più tornata indietro. Ora sono cambiate molte cose, e posso dire di aver capito molte cose di me: la perfezione estetica non esiste e non va ricercata. Io davo troppo peso all’esteriorità, ma quello importante è esser sani, belli, sereni dentro, perché se una persona è tranquilla e in pace con se stessa poi lo trasmette anche fuori. Facendo attività fisica le mie gambe si sono tonificate, e comunque ho una certa struttura fisica che accetto e che adesso mi piace molto (non sarò come tante altre, ma ho comunque cose che loro non hanno, e viceversa): vado bene così! Adesso mi piaccio anche dalla pancia in giù e riconosco di avere braccia ancora troppo magre. Sono consapevole poi che vedere una persona scheletrica non è certo bello e si intuisce che ha dei problemi. Ho capito che se non ci si accetta e non si accettano i difetti non si potrà mai stare bene con se stessi; e poi che se ci si valorizza in base a quello che pensano gli altri di noi stessi non si vivrà mai bene. E’ quando iniziamo a piacerci e ad accettarci e a valorizzare le nostre qualità che poi piaceremo agli altri, ma questa deve essere una cosa secondaria, non l’obiettivo.

Io voglio anche riprendermi perché voglio superare questa mia fragilità e diventare una donna, forte, sicura di me: aver vissuto e vinto questa malattia non è una debolezza, anzi mi dà qualcosa in più rispetto agli altri! Quindi la cosa importante che ho imparato è che devo mettere al centro il bene per me stessa, che il giudizio degli altri non conta. E comunque non rinnego neanche questo tunnel, perché la vita non può esser perfetta, ma ci sono dei momenti bui che aiutano a crescere e, ripeto, mi hanno dato qualcosa in più, forse quella sicurezza che prima cercavo col peso. C’è stato un momento in cui non credevo più di poter guarire, pensavo che sarei rimasta con quelle fissazioni mentali per sempre: ero spaventata perché così non è vivere, ma sopravvivere! Però ho visto che la vita ti da sempre la possibilità di riemergere e di andare avanti. Con tutto questo non voglio dire che sono sana, perfetta, una donna di ferro: ho comunque le mie insicurezze, dopotutto sono umana e non un robot, ma ora so gestirle e da quel lato lì mi sento più forte. Non sono totalmente fuori dal DCA, ma ho acquisito una certa educazione alimentare, mangio ad esempio certe cose che fino a qualche mese fa mi proibivo. Prima se aumentavo di 0.5 kg andavo in panico, ora sono molto più elastica da quel punto di vista perché ho capito che noi siamo organici e non dei software, e il peso può variare in delle fasce e a seconda di tante cose, anche dello stato d’animo. Ora sono attenta e non voglio calare e se dovesse succedere rimedio subito, perché non voglio buttare all’aria tutto il lavoro fatto e ritornare in quel tunnel. Sento che posso solo migliorare e guardo al passato con occhio critico.

Ho trascorso l’adolescenza e gli ultimi anni a cercare di compiacere gli altri e a sentirmi inferiore agli altri, svalutandomi e attaccandomi ai miei difetti. Adesso ho capito che tutto questo non ha senso, perché così non si vivrà mai sereni.

(Ho scelto questa immagine perché rappresenta al meglio la vita, l’inizio di una nuova giornata, di una nuova fase di noi stessi e anche nel momento più buio la vita ti dà sempre una possibilità di rialzarti e ricominciare.)

Martina

Farfalla Jessica

Viaggio oltre l’anoressia

Farfalla JessicaQuello che il bruco chiama fine del mondo

il resto del mondo lo chiama farfalla.

Senza cambiamento non ci sarebbero le farfalle.

 

Ho appena compiuto 22 anni e scrivo qui una testimonianza riguardo il mio percorso attraverso l’anoressia, da cui posso dire di essere uscita definitivamente da circa un anno.

Sono sempre stata una ragazza normopeso, circa sui 53 kg e mi sono sempre vista carina e con un bel fisico, finché all’età di 19 anni qualcosa è cambiato.  Tutto è iniziato durante il periodo dell’esame di maturità: tanto studio, lo stress, la paura e l’ansia mi portarono a concentrarmi molto sulla scuola e a lasciar perdere un po il cibo. Mi sembrava normale e, finita la maturità, speravo di riprendermi e godermi le vacanze. Poi però si sono aggiunti altri problemi: un nuovo lavoro e la paura di sbagliare, i litigi col fidanzato e quelli in famiglia, il sentirmi poco considerata dagli altri e il vedermi leggermente ingrassata in vista della dannata “prova costume”. E così, senza accorgermene, mi sono inesorabilmente ammalata: evitavo sempre più spesso di mangiare, rifiutavo di partecipare alle cene in compagnia, mi chiudevo in me stessa e diventavo sempre più nervosa. Mai avrei pensato però di soffrire di una vera e propria malattia, che ogni giorno mi portava a fare dei gesti orribili pur di eliminare quel poco che mangiavo. Essendo anche una ballerina, facevo tanta attività fisica e questo mi aiutava a perdere peso. In pochi mesi ho perso più di 10 kg, vedevo la mia pancia piatta e potevo finalmente indossare tutto quello che volevo: ero contenta ed orgogliosa che l’ago della bilancia continuasse a scendere. La situazione però stava velocemente peggiorando: avevo le ossa sporgenti e avevo perso le curve della mia femminilità. Cercavo di nascondermi da tutto e tutti, per me mangiare era un “suicidio”, avevo il bisogno di vomitare tutto quello che ingoiavo ovunque fossi, persino una caramella o un cappuccino. Ero ossessionata da tutti i cibi e mi studiavo tutte le etichette per capire quali fossero gli alimenti più leggeri. Purtroppo dopo circa un anno sono arrivata a pesare 41.5 kg e non avevo più forze né energie, così i miei genitori hanno iniziato a farmi domande. Erano disperati e mi portarono spesso dal medico di base, ma io non volevo ammettere di essere malata.

Una frase detta da mio padre alla fine di una esibizione di danza mi fece riflettere: “Non ho visto ballare la Jessica, ma un mucchio di ossa!”. Informandosi tramite internet la mia famiglia è venuta a conoscenza della malattia e mi ha portata in una clinica specializzata. Sono così iniziati gli incontri con lo psicologo e ho iniziato un percorso per i disturbi del comportamento alimentare. Questa malattia non si cura in fretta e bisogna prima di tutto accettare di essere malati, cercando di capire che tutto quello che si sta facendo è sbagliato. Io continuavo ad aver paura di ingrassare, ma non potevo più vivere in quelle condizioni. Ho deciso di entrare in terapia per la mia famiglia e per le mie più grandi passioni, gli animali e la danza, e senza di loro non sarei mai uscita da questo inferno. La dottoressa mi ha subito fatto notare i problemi fisici che la malattia mi aveva causato: il battito cardiaco più lento, la pressione bassissima, le mani ed i piedi sempre freddi, la caduta dei capelli, le unghie fragili, i denti macchiati, lo scarso ciclo e l’assenza di ormoni che poteva rendere difficili future gravidanze. I dottori mi hanno dato molta fiducia e io non volevo più deludere chi mi voleva bene, così ho ripreso a mangiare per aumentare peso, finché finalmente dopo circa un anno ho raggiunto il peso obiettivo di 50 kg e sono guarita.

Ora ho ricominciato a vivere, godendomi ogni momento e persino il mangiare è diventato un vero piacere!!! Non voglio dimenticare questa esperienza negativa perché mi ha fatto capire tante cose. Sto concludendo la terapia e sono davvero felice di poter esser qui a raccontare la mia storia. 

Jessica

Pasolini

Il valore degli sconfitti – P.P.Pasolini

PasoliniPenso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta.

Alla sua gestione, alla umanità che ne scaturisce.

A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. 

A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.

In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare.

A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde.

E’ un esercizio che mi riesce bene.

E mi riconcilia con il mio sacro poco. 

Pier Paolo Pasolini