Lo chiamano “effetto Werther”.
Un nome romantico, per descrivere qualcosa che di romantico non ha nulla: una catena di suicidi impressionante, che ha già raggiunto quota 26 dall’inizio dell’anno. E la ragione, neanche a dirlo, è la crisi. Maurizio Pompili, dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma lo conferma: non è la prima volta che una crisi economica coincide con l’incremento del tasso di suicidi: nel 1870 si registrò un lieve aumento del prezzo del pane e contemporaneamente un aumento dei suicidi in diverse zone d’Italia e d’Europa, e lo stesso trend si registrò a cavallo della crisi del 1929. Quello che forse non tutti sanno, è che contro questo fenomeno esistono aiuti precisi che si possono ricevere.
Lo stesso Pompili dirige un apposito Servizio di prevenzione del suicidio, ma servizi analoghi sono presenti in tutta Italia. Perché contrastare questa idea è possibile: «Chiunque nella società dovrebbe saper cogliere i segnali d’allarme. Ad esempio chi ripete da tempo che la vita non vale più la pena di essere vissuta, o mostra agitazione e insonnia, o ancora trascura il proprio aspetto fisico o l’alimentazione, oppure vende beni o cose che gli sono care, come se facesse una sorta di testamento. Ma anche repentini e immotivati cambi d’umore. E’ giusto insospettirsi anche di fronte a qualcuno che normalmente è depresso e angosciato e poi d’un tratto sembra più sereno». Insomma, la prevenzione comincia dal dialogo e anche i media devono fare la loro parte: «Contro l’effetto Werther ci sono linee guida internazionali anche per i mezzi di comunicazione» ricorda Pompili, che consiglia di evitare «titoli a caratteri cubitali e soprattutto non parlarne limitandosi a riferire la cronaca dei fatti, ma accompagnarla sempre con un messaggio di speranza». E darsi sempre un’altra possibilità. Lasciare che la vita ci sorprenda, perché nel suo fango e nel suo farci continue ferite, ha almeno questa innegabile qualità: cambia. Cambia sempre.
Come fare?
Intanto ascoltate Bennato, è una iniezione di fiducia e speranza istantanea e pura. E poi non rimanete soli, parlatene con qualcuno che sappia ascoltare. C’è una fiammella che arde in profondità dentro di voi, anche nei giorni più neri: occorre trovarla, proteggerla, alimentarla e ripartire da lì.
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Fonti: