nuova vita Martina

Il peso degli altri

nuova vita MartinaIl tuo tempo è limitato quindi non sprecarlo vivendo la vita di qualcun altro. Non essere intrappolato dai dogma, che è come vivere in base alle opinioni degli altri. Non lasciare che il rumore delle opinioni altrui soffochino la tua voce interiore. E, più importante di tutto, abbi sempre il coraggio di seguire il tuo cuore e le tue intuizioni. Loro in qualche modo sanno cosa vuoi veramente. Tutto il resto è secondario. Steve Jobs

Sono Martina, ho 22 anni e ho sofferto di un disturbo del comportamento alimentare (DCA). Non ne sono ancora uscita completamente, ma sento di aver acquisito una maturità diversa rispetto agli altri anni e di aver fatto notevoli passi avanti.

Sono sempre stata molto insicura di me stessa e insoddisfatta del mio corpo, non mi sono mai piaciuta, né mi sentivo a mio agio, e causa di questo in parte è anche la compagnia che frequentavo. Avevo qualche chilo in più e il mio punto fisso erano le gambe (ginocchia in particolare) e il fondo schiena, ma questo era anche dovuto al fatto che non facevo attività fisica e mangiavo male: così mi sono rivolta ad una nutrizionista. Il periodo più “cupo” per me sono stati i primi due anni di università, da lì ho iniziato a non essere regolare col cibo e gradualmente sono entrata in un “tunnel”. Ho un brutto ricordo dell’estate 2013, ero nervosissima e in famiglia erano discussioni continue anche per stupidaggini. Avevo abbandonato il mio gruppo di amici di infanzia e stavo affrontando un cambiamento e una fase nuova per me. Solo oggi riconosco i comportamenti infantili che avevo, ma non li rinnego perché è una fase della vita che deve esserci e che tutti attraversano. Allora pensavo che se fossi stata più magra mi sarei piaciuta e sarei piaciuta agli altri, sarebbero spariti i miei difetti: per raggiungere questo avrei dovuto mangiare sempre meno. Questa semplice associazione mentale è la chiave per entrare nel tunnel dei disturbi alimentari, e una volta dentro ruoti continuamente attorno a questa equazione, è il tuo pensiero fisso ed è difficile uscirne.

Bello= Magro = Non mangiare.

Ho iniziato riducendo le quantità sempre di più e quando vedevo la bilancia calare più del dovuto provavo un senso di soddisfazione e quel chilo in meno mi dava una botta di sicurezza verso gli altri e di autostima. Il mio sentirmi a mio agio socialmente era basato sul peso, perché se calavo mi sentivo più bella, quindi più sicura in mezzo agli altri: era un ragionamento molto infantile. A tratti riconoscevo di sbagliarmi, per esempio a fine pasto mi accorgevo di non aver mangiato a sufficienza, ma mi limitavo a ripetermi “la prossima volta recupero..”: ma la volta successiva continuavo a restringere. Era come se dentro di me combattessero due voci: una mi indirizzava sulla strada giusta, l’altra mi ripeteva “se lo fai ingrassi!”. Vinceva sempre la seconda e ne ero soddisfatta perché avevo resistito alla tentazione di mangiare. Questa cosa è andata avanti fino all’estate del 2014 quando sono andata davvero sottopeso e ho toccato il fondo. Poi da settembre ho cominciato a risalire e di lì ho fatto solo passi in avanti. Ho avuto molta paura, e c’è stato un momento in cui mi sono detta: “Basta! Ho 21 anni, perché devo vivere nella paura? Perché mi devo fare del male da sola? E poi tutto perché ho paura del giudizio degli altri? Io non devo niente a nessuno, devo stare bene, non voglio vivere in funzione degli altri! Ho la fortuna di avere una famiglia, la salute, un cervello con cui studiare cose di alto livello, perché devo buttare all’aria tutto quando invece ci sono persone che hanno problemi che gli impediscono tutto questo e che pagherebbero oro per avere quello che ho io?!?” Così piano piano e con fatica all’inizio, ho ripreso un poco di peso, ma rimanendo ancora un po’ rigida. Oltre alla mia famiglia, quello che mi ha spinto è stata l’università: mi accorsi che rischiavo di rovinarmi con le mie stesse mani per delle stupidaggini da bambina. All’inizio facevo fatica perché guardavo ancora lo “zero virgola” (i cento/cinquanta grammi), ma non rinnego neanche questo perché nella vita i passaggi sono graduali e ora prendo consapevolezza della maturazione fatta da allora. Anche se piano, ho ripreso peso e non sono più tornata indietro. Ora sono cambiate molte cose, e posso dire di aver capito molte cose di me: la perfezione estetica non esiste e non va ricercata. Io davo troppo peso all’esteriorità, ma quello importante è esser sani, belli, sereni dentro, perché se una persona è tranquilla e in pace con se stessa poi lo trasmette anche fuori. Facendo attività fisica le mie gambe si sono tonificate, e comunque ho una certa struttura fisica che accetto e che adesso mi piace molto (non sarò come tante altre, ma ho comunque cose che loro non hanno, e viceversa): vado bene così! Adesso mi piaccio anche dalla pancia in giù e riconosco di avere braccia ancora troppo magre. Sono consapevole poi che vedere una persona scheletrica non è certo bello e si intuisce che ha dei problemi. Ho capito che se non ci si accetta e non si accettano i difetti non si potrà mai stare bene con se stessi; e poi che se ci si valorizza in base a quello che pensano gli altri di noi stessi non si vivrà mai bene. E’ quando iniziamo a piacerci e ad accettarci e a valorizzare le nostre qualità che poi piaceremo agli altri, ma questa deve essere una cosa secondaria, non l’obiettivo.

Io voglio anche riprendermi perché voglio superare questa mia fragilità e diventare una donna, forte, sicura di me: aver vissuto e vinto questa malattia non è una debolezza, anzi mi dà qualcosa in più rispetto agli altri! Quindi la cosa importante che ho imparato è che devo mettere al centro il bene per me stessa, che il giudizio degli altri non conta. E comunque non rinnego neanche questo tunnel, perché la vita non può esser perfetta, ma ci sono dei momenti bui che aiutano a crescere e, ripeto, mi hanno dato qualcosa in più, forse quella sicurezza che prima cercavo col peso. C’è stato un momento in cui non credevo più di poter guarire, pensavo che sarei rimasta con quelle fissazioni mentali per sempre: ero spaventata perché così non è vivere, ma sopravvivere! Però ho visto che la vita ti da sempre la possibilità di riemergere e di andare avanti. Con tutto questo non voglio dire che sono sana, perfetta, una donna di ferro: ho comunque le mie insicurezze, dopotutto sono umana e non un robot, ma ora so gestirle e da quel lato lì mi sento più forte. Non sono totalmente fuori dal DCA, ma ho acquisito una certa educazione alimentare, mangio ad esempio certe cose che fino a qualche mese fa mi proibivo. Prima se aumentavo di 0.5 kg andavo in panico, ora sono molto più elastica da quel punto di vista perché ho capito che noi siamo organici e non dei software, e il peso può variare in delle fasce e a seconda di tante cose, anche dello stato d’animo. Ora sono attenta e non voglio calare e se dovesse succedere rimedio subito, perché non voglio buttare all’aria tutto il lavoro fatto e ritornare in quel tunnel. Sento che posso solo migliorare e guardo al passato con occhio critico.

Ho trascorso l’adolescenza e gli ultimi anni a cercare di compiacere gli altri e a sentirmi inferiore agli altri, svalutandomi e attaccandomi ai miei difetti. Adesso ho capito che tutto questo non ha senso, perché così non si vivrà mai sereni.

(Ho scelto questa immagine perché rappresenta al meglio la vita, l’inizio di una nuova giornata, di una nuova fase di noi stessi e anche nel momento più buio la vita ti dà sempre una possibilità di rialzarti e ricominciare.)

Martina

Pasolini

Il valore degli sconfitti – P.P.Pasolini

PasoliniPenso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta.

Alla sua gestione, alla umanità che ne scaturisce.

A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. 

A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.

In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare.

A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde.

E’ un esercizio che mi riesce bene.

E mi riconcilia con il mio sacro poco. 

Pier Paolo Pasolini