Lentamente muore

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e non cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i”, piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.


Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non legge,
chi non viaggia, chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare,
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che non conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità…

Pablo Neruda


bimbo che ride

Depressione post parto: la storia di Martina

 Martina1 è una giovane donna di origini del sud Italia, dove vive la sua famiglia.

bimbo che rideDopo il matrimonio si è trasferita assieme al marito in una grande città del nord per ragioni di lavoro. Ha avuto molte difficoltà ad ambientarsi in questa città così caotica e fredda, così chiusa nelle relazioni umane.

Le manca il sostegno della famiglia, sia per la distanza sia perché ha sempre avuto relazioni difficili coi familiari: in particolare il rapporto con la madre è molto problematico perché non ha mai accettato che la figlia si allontanasse così tanto dai genitori.

Il parto è un’esperienza piuttosto traumatica a causa di un taglio cesareo inaspettato e per un problema medico del bambino, risolto fortunatamente nel primo mese di vita. Martina non confida a nessuno il suo malessere perché è abituata a tenersi tutto dentro. Le riesce difficile far fronte al continuo pianto del figlio e prova un profondo senso di fallimento come madre: d’altronde Martina non ha mai avuto una grande stima di sé.

La nascita del piccolo scombussola la sua vita che prima era caratterizzata da ordine e prevedibilità: a volte è disperata perché sente di aver perso per sempre la sua vita di prima. Sente di ricevere poco sostegno da suo marito e cova dei risentimenti verso di lui per i suoi impegni di lavoro e per aver smesso di darle le normali attenzioni.

bimbo che dorme

Col tempo il marito e gli amici si accorgono che Martina ha bisogno di aiuto e contattano un terapeuta esperto in queste problematiche. In poche settimane Martina incomincia un percorso psicoterapeutico e anche riconciliandosi con la propria famiglia di origine riesce a superare questo momento difficile.

 

1. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.


Depressione post parto

Depressione Post Partum

Sempre più spesso si sente parlare di depressione post partum, una forma di depressione di cui soffrono alcune neo mamme nei primi mesi di vita del bambino. Depressione post partoLa capacità di accettare un nuovo essere che magari si era immaginato in modo diverso, la paura di non farcela, la stanchezza e la tensione accumulata durante i mesi di gravidanza e nelle notti insonni sono alcuni dei motivi all’origine di queste forme depressive che, se non curate possono avere effetti negativi sulla madre e sullo sviluppo del bambino.

Il cosiddetto baby blues è la forma più lieve, riscontrabile nei primi 20 giorni dal parto nel circa 70% delle donne. Si presenta con senso di inadeguatezza, di solitudine e frequenti pianti senza motivo. Se il baby blues non passa e i sintomi peggiorano, con sentimenti ambivalenti verso il figlio, allora si parla di vera e propria depressione.


Le cause

La maggior parte degli studiosi riconoscono che le cause biologiche (cambiamenti ormonali legati alla gravidanza e all’allattamento) sono solo una parte dei fattori coinvolti nella depressione post-partum. I fattori ambientali infatti sono determinanti e possono funzionare da amplificatore di sintomi depressivi lievi: ad esempio lo scarso supporto sociale, la solitudine, le condizioni economiche precarie, conflitti coniugali, vissuti familiari difficili nella storia della madre (che rendono difficoltoso il passaggio dal ruolo di figlia al ruolo di genitore), parto traumatico, perdita di precedenti gravidanze, ecc.

In generale diventare madre significa doversi adattare a enormi cambiamenti fisici, emotivi e sociali: la nostra cultura non prepara, assiste, né dà sostegno in questa fase difficile. Molte donne hanno difficoltà nell’adattarsi e si sentono sopraffatte dalle richieste e dalle aspettative legate alla maternità. Anche i miti della nostra cultura sulle “gioie” della gravidanza e sulla maternità perfetta possono creare aspettative irrealistiche. La conseguenza spesso è sentirsi delle “fallite” nell’affrontare questa difficile situazione, e il risultato più comune è la depressione.


I campanelli di allarme


Pianti frequenti, disturbi del sonno e dell’appetito, scarsa cura di sé, della casa o del bambino;

depressione

tutto è vissuto con grande fatica, senza concedersi un minuto di sosta. Molto spesso le madri eseguono i compiti in modo automatico, senza partecipazione emotiva e senza un vero “contatto” con il bambino. Da ciò derivano i pericolosi sensi di colpa rispetto alla propria incapacità come madre e come moglie, che in rari casi possono portare anche a pensare di farsi del male.


I vissuti di chi è depresso

“Vedo tutto nero”

“Piangerei sempre”

“Non sono capace di fare niente”

“Non sono più capace di cavarmela da sola”

“Ho paura di fare del male al bambino”

“A volte penso che il bimbo piange per darmi fastidio… e sento una grande rabbia”

“Sentirlo piangere mi fa impazzire”

“Agli altri interessa solo il mio bambino, non come mi sento io”

“Perché sto così male adesso che ho questo bellissimo bambino?”

“Tutto quello che faccio è una fatica”

“Mi stanco subito”

“Non voglio vedere nessuno”

“Sono confusa e ho la mente annebbiata”

“Mi sono appena seduta e il bambino ricomincia a piangere”

“Per un attimo mi sento benissimo e un attimo dopo sono di nuovo a terra”

“A volte penso che tutti starebbero meglio se io non ci fossi più”


Cosa Fare


Per prima cosa occorre superare la vergogna e condividere le sensazioni di disagio e di inadeguatezza con altre persone, informarsi su quanto accade fisiologicamente alle donne, al loro sistema ormonale in gravidanza, e i normali cambiamenti psicologici che avvengono in questa fase di passaggio da figli a genitori.

La depressione post partum è un disturbo curabile: spesso è sufficiente parlarne con un professionista, ricercare un adeguato sostegno psicologico per recuperare il senso della propria vita e una relazione positiva con il bambino, ripercorrendo le tappe della gravidanza e ricordando le sensazioni positive.

Non c’è niente di male ad avere momenti di difficoltà nella propria vita: è importante però riconoscere e accettare l’aiuto di qualcuno.


Consigli pratici per superare la depressione post parto

  • Parlate con altre persone di quello che vi sta accadendo. bimboIn particolare altre madri possono aiutarvi a capire che non siete le sole a sperimentare questi sentimenti contrastanti.
  • Lasciatevi aiutare da parenti ed amici nella gestione della casa e del neonato. Spesso c’è la convinzione sbagliata che “bisogna farcela da soli altrimenti chissà cosa penseranno gli altri”; invece è molto frequente avere difficoltà in questa fase e non c’è niente di male ad essere aiutati. Accade poi che gli amici o i familiari non si fanno avanti per timore di disturbare, ma avrebbero molto piacere ad essere coinvolti anche praticamente con la nascita di un bimbo.
  • Se possibile lasciate il bambino a qualcuno di cui vi fidate e prendetevi anche solo poco tempo per voi stesse (dormire, rilassarvi, fare una doccia, prendersi cura del proprio corpo, stare al telefono con un’amica e chiacchierare senza parlare di pannolini ecc).
  • Riducete le vostre aspettative nei confronti delle pulizie di casa. Se prima di avere un bambino, una casa splendente, era fra le vostre priorità, adesso che siete diventata una mamma, le vostre priorità sono cambiate.
  • Ricordatevi che la relazione di coppia deve continuare ad essere alimentata: a volte è sufficiente avere conversazioni che non riguardino vostro figlio.
  • Se il tempo lo permette uscite anche tutti i giorni per una passeggiata col bambino.
  • Coinvolgete il padre nella cura del bambino, incoraggiatelo ad occuparsi del piccolo anche se non fa le cose nel modo in cui secondo voi andrebbero fatte.

Dott. Stefano Zucchi
Psicologo Psicoterapeuta


Prozac

Guarire con le parole

“Ma come è possibile che solo parlando con qualcuno io possa guarire da questo problema?”
“Cosa c’entra lo psicologo con la mia gastrite?”
“Non ho voglia di perder tempo a parlare con uno sconosciuto, a me serve una cura!”

ProzacQuesti ed altri commenti sono gli effetti di una cultura che ci ha abituati all’idea che l’organismo è una cosa solamente biologica, e che quindi per ogni malattia esiste un farmaco, come la pillola della felicità, che basta ingerire per risolvere passivamente il problema. Ma la realtà è più complicata e per molti problemi psicologici il farmaco da solo non è sufficiente.

Basta pensare infatti che il disagio che stiamo vivendo si è sviluppato in molto tempo, talvolta con l’accumularsi di molti eventi, e ha riflessi nel corpo e nella mente. Spesso il disturbo psicologico emerge alla fine di un lento processo e si aggancia a problematiche complesse e lontane negli anni.

E’ per questo che serve un approccio che sostenga anche un eventuale terapia farmacologica e che accompagni l’individuo nel processo di guarigione, che lo aiuti a trovare un senso a quello che sta vivendo: questo è l’approccio della psicoterapia, che attraverso il dialogo e la relazione terapeutica ha l’obiettivo di risolvere ciò che sta alla base del malessere psicologico.

La Psicoterapia è una scienza, ma è anche l’arte dell’irripetibile, perché si basa su una relazione umana caratterizzata da condizioni emotive complesse e insondabili, nate dall’interazione unica e irripetibile tra individuo e terapeuta.

La ricerca scientifica, seppur complicata in questo campo, ha dato prove inconfutabili dell’efficacia della psicoterapia, paragonabile o a volte anche superiore a quella dei farmaci.


fare shopping è più economico, però...

Terapia quanto mi costi?

fare shopping è più economico, però...Spesso è il fattore economico a spegnere il desiderio e la volontà di iniziare una psicoterapia. Inutile nascondersi dietro un dito: una terapia ha un costo, comunemente considerato elevato, anche per via della durata del trattamento. Ma se si considera la terapia come un regalo che ci si fa per vivere meglio, come un vestito o una cena fuori, allora la prospettiva cambia. A volte bastano dieci colloqui per riuscire a raggiungere alcuni importanti obiettivi.

Ricordate inoltre che le spese per la psicoterapia sono detraibili al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi. La detrazione spetta in misura pari al 19% della spesa.

Tariffario per prestazioni specialistiche:

  • Seduta di psicoterapia individuale, durata 50 minuti:
      • 55 euro presso Studio Privato di Rimini
  • Seduta di psicoterapia di coppia, durata 70 minuti:
      • 70 euro presso Studio Privato di Rimini
  • Percorso Psico-Nutrizionale di gruppo per persone con problemi di peso e alimentazione emotiva, 10 incontri: da definire in base al numero di partecipanti.
  • Percorso di Mindfulness di gruppo MBSR e MBCT: da definire in base al numero di partecipanti

Sei felice?

Perché lo psicologo?

Vorrei che adesso ciascuno di voi pensasse a qualcosa che in questo momento considera molto utile, o divertente, o piacevole… Adesso tornate a un’epoca antecedente della vostra vita, in cui non ne sospettavate nemmeno l’esistenza, oppure ne eravate già a conoscenza, ma per voi non significava nulla… Non sapevate proprio cosa stavate perdendo, non è vero? A quell’epoca non avevate la minima idea di come foste bloccati, e non eravate motivati a cambiare. Eravate sicuri che la vostra comprensione fosse un’accurata rappresentazione del mondo. Ecco quand’è che siete “veramente” bloccati. Cos’è che vi starete perdendo adesso?

RICHARD BANDLER

Poco meno di duecento anni fa, il poeta Giacomo Leopardi si domandava in modo provocatorio se non fossero più felici le pecore. Non era forse preferibile la vita di queste beate bestiole, senza pensieri, senza coscienza di se stesse, senza preoccupazioni riguardo al passato e al futuro?

Sei felice?Capire chi siamo, cosa vogliamo, sentirsi sopraffatti dai problemi della vita quotidiana e non riuscire da soli a trovare le risorse adeguate per reagire… possono essere alcuni motivi che spingono a chiedersi “Dovrei parlare con uno psicologo? Ho bisogno di farmi aiutare?”, anche se spesso non si trova la motivazione o il coraggio per passare all’azione e contattare un professionista.

Nella maggior parte dei casi, si decide di chiedere aiuto e di iniziare un percorso di terapia nel momento in cui il livello di sofferenza e di angoscia che si prova è diventato insopportabile o quando si vedono seriamente compromesse le proprie capacità relazionali e lavorative.

Chiedere aiuto non è indice di debolezza né incapacità ad affrontare da soli le difficoltà della vita.

Segnala invece la capacità di dare ascolto al proprio malessere interiore, affrontando in modo costruttivo una situazione di sofferenza che, con il passare del tempo, può rischiare di consolidarsi e diventare una patologia vera e propria. E’ importante chiedersi quali sono le nostre aspettative nell’iniziare una psicoterapia. Imparare a gestire le situazioni difficili e le sfide che la vita ci presenta? Migliorare la qualità delle nostre relazioni? Eliminare comportamenti nocivi che ci fanno soffrire? Fare la pace con il nostro passato per capire il presente? I motivi possono essere molti.

In ogni caso è importante comprendere che la psicoterapia è condotta nel contesto di una relazione unica tra un professionista competente ed il suo paziente, basata sulla collaborazione e sulla fiducia reciproca, un porto sicuro dove poter arrivare a capire meglio chi siamo ed essere così dolorosamente, magnificamente, pienamente uomini, e non pecore in balia del gregge.


Racconta la tua storia

Racconta la tua Storia

“Scrivere è una forma sofisticata di silenzio”

A. Baricco
Racconta la tua storia

 Raccontare la propria esperienza è importante per informare e sensibilizzare, ma è anche un’occasione per riflettere sul proprio vissuto, dargli senso ed acquisire nuovo slancio vitale.

Questo è uno spazio in cui è possibile condividere la propria esperienza con un problema psicologico.

Puoi farlo in questa pagina cliccando su “Aggiungi commento” oppure commentando la pagina relativa ai sintomi che più si avvicina a quello che hai vissuto o che stai vivendo.

Le storie più rappresentative verranno pubblicate anonime (solo con lo pseudonimo) nelle pagine degli esempi clinici.

Quello che scrivi può aiutare chi soffre dello stesso problema a riconoscersi, capire che non capita solo a lui e che ne può uscire, prendere coraggio e magari fare il primo passo verso la guarigione…

Perchè scrivere è terapeutico?

Normalmente i pensieri, le emozioni, gli eventi della nostra vita rimangono nella nostra mente in una forma non organizzata in maniera consapevole, e comunque condizionano il nostro agire quotidiano. La scrittura è un modo molto efficace per trovare il filo conduttore delle nostre esperienze, per dare un senso e comprendere i nostri vissuti. Questo perché scrivere ci costringe a creare una narrazione coerente, con una precisa dimensione spazio-temporale, quindi a chiarire ed elaborare in profondità quello che normalmente è il caos della nostra vita.

In questo processo complicato che ha come risultato la nascita di un testo, della nostra storia, ci confrontiamo con le emozioni connesse agli eventi e abbiamo una possibilità per elaborarle, capirle, e quindi addomesticarle.


L'aquila che si credeva un pollo

L’aquila che si credeva un pollo

“La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo occupati a fare altri progetti. L'aquila che si credeva un pollo
Un uomo trovò un uovo d’aquila e lo mise nel nido di una chioccia. L”uovo si schiuse e l”aquilotto crebbe insieme ai pulcini. Per tutta la vita l”aquila
fece quel che facevano i polli del cortile. Un giorno, quand”era ormai vecchia, vide sopra di sè, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante. “Chi è quello?” chiese e il vicino rispose “E” l”aquila, il re degli uccelli che appartiene al cielo mentre noi apparteniamo alla terra perchè siamo polli”. E così l”aquila visse e morì come un pollo, perchè era ciò che pensava di essere….”

La maggior parte delle persone, pur non sapendolo, sono addormentate. Sono nate dormendo, vivono dormendo, si sposano dormendo, allevano figli dormendo, muoiono dormendo senza mai svegliarsi. Non arrivano mai a comprendere la bellezza e lo splendore di quella cosa che chiamiamo esistenza umana.

Cambiate atteggiamento. Provate a guardare le cose da un punto di vista nuovo! Vi ho detto che la prima cosa da fare è svegliarsi, ammettere che non vi piace essere svegliati. La seconda cosa è capire. Capire che forse avete delle idee sbagliate e che sono queste idee che stanno influenzando la vostra vita rendendola caotica, e che vi tengono addormentati. Le idee riguardo all’amore, alla libertà, alla felicità e così via. E non è facile ascoltare uno che mette in discussione queste vostre idee che sono per voi diventate tanto preziose.

La cosa più difficile del mondo è ascoltare, vedere. Noi non vogliamo vedere. Pensate che un capitalista voglia capire cosa c’è di buono e sano nel sistema comunista? Pensate che un uomo ricco voglia guardare la gente povera? Non vogliamo guardare, perché se lo facciamo potremmo cambiare. Non vogliamo guardare. Se si guarda, si perde il controllo di quella vita che riusciamo a tenere insieme in modo tanto precario. E dunque, per potervi svegliare, la cosa di cui avete più bisogno non è l’energia, la forza, la giovinezza, e nemmeno una grande intelligenza. La cosa di cui avete più bisogno in assoluto è la disponibilità ad imparare qualcosa di nuovo. Le possibilità di svegliarvi sono direttamente proporzionali alla quantità di verità che saprete accogliere senza scappare. Fino a che punto siete disposti a farlo? Quanto, di ciò che avete di più caro, siete pronti a far crollare, senza fuggire? Fino a che punto siete disposti a pensare a qualcosa che non vi è familiare? La prima reazione è di paura. Non che temiamo l’ignoto. Non si può temere qualcosa che non si conosce. Nessuno ha paura dell’ignoto. Quel che si teme è davvero la perdita di ciò che è noto. Ecco di cosa si ha paura.

Alcuni di voi vengono svegliati dall’aspra realtà della vita. Soffriamo a tal punto da svegliarci. Ma la gente non fa che andare a sbattere contro la vita,
una volta dopo l’altra. Continua a girare in stato di sonnambulismo. Non si sveglia mai. Purtroppo, non le viene mai in mente che potrebbe esistere un altro modo di vivere. Non le viene mai in mente che potrebbe esserci un modo migliore di vivere. Tuttavia, se non si è ancora stati bastonati a sufficienza dalla vita, e se non si è sofferto abbastanza, c’è anche un altro modo per svegliarsi: ascoltare. Ciò non significa che dovete essere d’accordo con quello che dico. Non è questo che intendo per “ascolto”. Sapete qual è il segnale del risveglio? E’ il momento in cui ci si chiede:
“Sono io il pazzo, o lo sono tutti gli altri?”
Davvero è così. Perché noi siamo pazzi. Il mondo intero è pazzo. Folli certificabili in piena regola! L’unico motivo per cui non siamo tutti rinchiusi
è che siamo troppi.
Dunque siamo pazzi. Viviamo basandoci su idee pazze riguardo l’amore, ai rapporti con gli altri, alla felicità, alla gioia, a tutto quanto. Ogni nuova idea, ogni grande idea, al suo inizio, era partita da una minoranza costituita da una persona. Quell’uomo di nome Gesù Cristo – minoranza costituita da una sola persona. Tutti dicevano qualcosa di diverso da quel che diceva lui. Buddha – minoranza costituita da una sola persona. Tutti dicevano qualcosa di diverso da quello che diceva lui. Credo che sia stato Bertrand Russel a dire: “Ogni grande idea, ai suoi inizi, è blasfema”.

Anthony de Mello, da “Messaggio per un’aquila che si crede un pollo”


Il percorso contorto del Mississippi per arrivare al mare

Sui fiumi

Il percorso contorto del Mississippi per arrivare al mare

 “Quello che hanno scoperto con scientifica sicurezza a forza di studiare i fiumi, tutti i fiumi, hanno scoperto che non sono matti, è la loro natura di fiumi che li obbliga a quel girovagare continuo, e perfino esatto, tanto che tutti, dico tutti, alla fine, navigano per una strada tre volte più lunga del necessario, anzi, per essere esatti, tre volte virgola quattordici, giuro, il famoso pi greco, non ci volevo credere, in effetti, ma pare che sia proprio così, devi prendere la loro distanza dal mare, moltiplicarla per pi greco e hai la lunghezza della strada che effettivamente fanno, il che, ho pensato, è una gran figata, perché, ho pensato, c’è una regola

per loro vuoi che non ci sia per noi, voglio dire, il meno che ti puoi aspettare è che anche per noi sia più o meno lo stesso, e che tutto questo sbandare da una parte e dall’altra, come se fossimo matti, o peggio smarriti, in realtà è il nostro modo di andare diritti, modo scientificamente esatto, e per così dire già preordinato, benché indubbiamente simile a una sequenza disordinata di errori, o ripensamenti, ma solo in apparenza perché in realtà è semplicemente il nostro modo di andare dove dobbiamo andare, il modo che è specificatamente nostro, la nostra natura, per così dire, cosa volevo dire?, quella storia dei fiumi, sì, è una storia che se ci pensi è rassicurante, io la trovo molto rassicurante, che ci sia una regola oggettiva dietro a tutte le nostre stupidate, è una cosa rassicurante, tanto che ho deciso di crederci, e allora, ecco, quel che volevo dire è che mi fa male vederti navigare curve da schifo come quella di Couverney, ma dovessi anche andare ogni volta a guardare un fiume, ogni volta, per ricordarmelo, io sempre penserò che è giusto così, e che fai bene ad andare, per quanto solo a dirlo mi venga da spaccarti la testa, ma voglio che tu vada, e sono felice che tu vada, sei un fiume forte, non ti perderai…”

Alessandro Baricco, da “City”


ideogramma crisi

Crisi e opportunità

“Nel mezzo della difficoltà si cela l’opportunità”
Albert Einstein

Esiste una condizione umana che tutti abbiamo provato almeno una volta: la crisi.ideogramma crisi

Si tratta di momenti difficili in cui ci sentiamo soli, spesso impauriti o addirittura disperati, bloccati in una situazione mai vissuta prima e senza una soluzione indolore e immediata. La rottura di un rapporto affettivo o lavorativo, la morte di una persona cara, ma anche situazioni apparentemente meno traumatiche come la fine dell’università, la nascita di un figlio o il pensionamento.

Non sappiamo cosa fare, abbiamo perso l’orientamento, e le cose della nostra vita ci sembrano improvvisamente diverse e ostili.

Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura
Ché la dritta via era smarrita”

Dante Alighieri, Inferno, Canto I


“Non era ancor di là Nesso arrivato,
quando ci mettemmo per un bosco
che da nessun sentiero era segnato.
Non fronda verde, ma di color fosco
Non rami schietti, ma nodosi e involti,
non pomi v’eran, ma stecchi con tosco.”

Dante Alighieri, Inferno, Canto XIII, 1-6


La crisi è un momento di rottura con gli equilibri precedenti, in cui traballa persino il nostro modo di vedere noi stessi e il mondo:

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Per qualche istante il Bruco ed Alice si guardarono in silenzio. Infine il Bruco si tolse di bocca la pipa e, con voce languida e assonnata chiese: “E tu chi sei?”.
Questa non era certamente la maniera più incoraggiante per iniziare una conversazione. Alice rispose con voce timida: “Io…io non lo so, per il momento, signore… al massimo potrei dire chi ero quando mi sono alzata stamattina, ma da allora ci sono stati parecchi cambiamenti”.
“Che vuoi dire?” disse il Bruco, severo. “Spiegati!”
“Mi dispiace, signore, ma non posso spiegarmi” disse Alice “perché io non sono più io; capisce?”>
Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, Lewis Carroll, 1865

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Esistono crisi evolutive, come il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, e crisi accidentali, dovute ad episodi traumatici inattesi, come malattie o lutti.

In ogni caso la crisi non è un evento totalmente negativo, ma un momento di transizione che può essere un’opportunità di crescita, in cui scegliamo e ci costruiamo un’altra identità, più ricca e matura.

Infatti la parola “crisi” deriva dal latino crisis e dal greco krisis, che rimanda a krino, cioè “separo” e quindi “decido”. Crisi dunque significa “scelta”, “momento che separa una maniera di essere diversa da altra precedente”.

Nella lingua cinese la parola crisi è composta da due ideogrammi: “problema” (wei) e “opportunità” (ji).

Siamo stati educati a cogliere immediatamente l’aspetto negativo di un evento “critico”, il suo potenziale di rottura degli equilibri, ma nessuno ci ha insegnato a vederne i lati positivi, l’opportunità e la necessità di un cambiamento.

La crisi quindi è il raro e prezioso momento in cui abbiamo l’opportunità di metterci in discussione, di pensare e ripensare noi stessi. Siamo costretti a mettere in pausa la nostra vita frenetica, a farci delle domande e cercare soluzioni nuove, perchè le soluzioni che ci davamo prima della crisi non funzionano più.

C’è una canzone dei Bluvertigo in cui il cantante Morgan descrive la crisi come un “eccesso di lucidità”.

”Quando arriva una crisi riaffiorano alcuni ricordi
che credevo persi
cosa penso di me cosa voglio da te
dove sono cosa sono e perché

ho il sospetto che non sia un buon esempio
camminare a un metro e mezzo da terra

molto spesso una crisi è tutt’altro che folle
è un eccesso di lucidità
sta finendo la crisi e ogni volta che passa una crisi
resta qualche traccia

infatti ultimamente rido per niente
e non mi nascondo più facilmente
e malgrado sembri male
cambia solo il modo di giudicare”

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E allora dobbiamo metterci a cercare, senza sapere esattamente cosa, perché se sapessimo cosa cercare rimarremmo sempre nella terra del conosciuto e non scopriremmo niente di nuovo.

La psicoterapia è lo strumento più adatto a trasformare la crisi in una opportunità.

Letture consigliate:

Alba Marcoli, “Passaggi di vita. Le crisi che spingono a crescere”
Priscilla Bianchi “La crisi come opportunità di crescita: Tappe cruciali e sviluppo umano”

Dott. Stefano Zucchi

Psicologo Psicoterapeuta